Siamo tutti il prodotto dell’ambiente in cui viviamo, e per Sam Cohen quell’ambiente è stato crescere sciando in una delle destinazioni sciistiche più emblematiche al mondo, Little Cottonwood Canyon, nello Utah.
Mio padre venne a vivere ad Alta, nello Utah, alla fine degli anni ’70. Veniva da Glencove, New York. Allora Alta era molto diversa: la Valle del Lago Salato non era abitata da oltre un milione di persone e la neve era profonda allo stesso modo, permettendo in quegli anni più ritratti fotografici per gli irriducibili hippy sugli sci ad Alta. Molti degli abitanti del posto sono cresciuti e hanno formato famiglie, creando la generazione successiva degli “Altaolici”.
Mia madre lavorava all’Alta Lodge mentre mio padre era fuori a scattare foto agli sciatori. Per loro questo significava trovare una baby sitter che potesse lavorare per molte ore e tenermi a bada con le mie marachelle. La pista di sci sulla collina divenne la baby sitter perfetta come lo era già per molta altra gente del posto. Questo portava i bambini di quei trapiantati a sciare tutti assieme. Negli gli anni siamo diventati molto amici e abbiamo sciato quotidianamente continuando a essere l’incarnazione del detto “sei un prodotto dell’ambiente in cui vivi.”
Fai scorrere velocemente venti anni e scoprirai che la maggioranza di noi vive ancora a Little Cottonwood Canyon. Mi ha tenuto qui il fatto di avere tutto a portata di mano. L’accesso facile a sciate fantastiche, le scalate su rocce di granito, l’aeroporto internazionale e qualsiasi altra cosa di cui puoi avere bisogno si trova a 30 minuti da casa. Più ho viaggiato più mi sono reso conto di quanto sia fantastico questo posto.
All’età di 27 anni volevo catturare e ritrarre casa mia nel modo in cui esprimeva allo stesso tempo chi ero. Lo scorso inverno io e il mio buon amico e regista Nate Cahoon ci siamo messi a fare proprio quello, ritrarre casa nostra in un filmato. Niente si rivela essere esattamente come lo si era immaginato durante una giornata di riprese, tuttavia ogni giorno abbiamo inseguito il nostro scopo. Quando le stelle si allineano e ogni cosa va al suo posto, riusciamo a fare le nostre riprese. Nate imposta il suo treppiede, preme il tasto per registrare e io appaio. Il silenzio radio è interrotto dalla voce incoraggiante di Nate che dice: “Fantastico Sammo!”, o: “Ci eravamo vicini, ma dobbiamo riprovarlo.” Se durante la giornata c'era un "buona la prima", lo consideravamo un successo. Mio padre mi ha sempre detto che il miglior lavoro di una stagione viene da una giornata favolosa.
Il mio vero amore per lo sci è nello scialpinismo. Arrampicarsi, togliere le pelli e scendere con una grande traiettoria nella neve profonda è sempre stato l’aspetto più realizzante dello sci per me. Per filmare queste traiettorie lo sforzo è stato tremendo. Cominciare nel freddo che arriva alle ossa della prima mattina e terminare con l’oscurità della sera tardi, andare a casa, asciugare l’attrezzatura e crollare con ancora indosso i pantaloni da sci. Dopo settimane e settimane di questo, diviene la norma, con cose più facili diventa un giorno di riposo. Lavorare tutto il giorno per una ripresa singola sembra a volte ridicolo sapendo che potremmo lavorare in zone meno ampie con approcci più corti che molto probabilmente si filmerebbero meglio. Però, quando tutto va al posto giusto e azzecchiamo la ripresa che sognavamo, allora valeva la pena di compiere tutti gli sforzi.
Dopo aver effettuato riprese per tutto l’inverno, improvvisamente a marzo la neve ha cominciato a cadere incessantemente per l’ultimo giorno e mezzo. Io e Nate siamo seduti nella sua Toyota Tundra all’imboccatura del canyon aspettando che la strada venga riaperta: abbiamo aspettato per ore, finalmente il cancello si è aperto e la nostra attesa è stata premiata. Questa è una giornata in cui non abbiamo tempo da sprecare alla ricerca di qualche traiettoria favolosa che valga la pena. Ci dirigiamo direttamente alla seggiovia Wildcat di Alta approfittando di una corsa pre‑apertura alle 8:30 grazie al mio vecchio amico Lee.
Attorno a noi la classica neve dello Utah, mentre il cielo è azzurrissimo. Inauguro il trail con il classico punto denominato “The Shoulder” o “Lee’s Corner.” Mio padre era pioniere di questo punto e rimane tuttora il punto migliore per addentrarsi nella neve fresca e profonda. Entrambi si preparano e mi gridano quando le telecamere sono pronte al 100%. Entro in scena. La neve vola oltre le mie spalle continuamente rendendo difficoltosa la respirazione. Mi ricongiungo al trail sottostante sei svolte più tardi, con la faccia ricoperta di neve. Mi arrampico di nuovo cinque o sei altre volte prima che decidiamo che è ora di chiudere. La giornata di lavoro a casa è da considerarsi un successo.